“Amabilissima principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso,
chi le scrive è Enrichetta Caracciolo dei principi di Forino, novizia nel convento di san Gregorio Armeno a Napoli.
Sono entrata in convento a 19 anni contro il mio volere. Io che più di ogni giovinetta del mio tempo desideravo contrarre matrimonio e mettere al mondo dei figli, io che sognavo l’amore che sconvolge la vita, sono diventata al contrario la sposa di nostro Signore Gesù. Non mi fraintenda, nobilissima signora. Io sono una fervente cristiana, animata da profondo spirito religioso, ma in cuor mio avrei preferito seguire messa come moglie e madre, piuttosto che come suora.
Sono qui a chiedermi se la scelta di mio padre, conscio dei desideri terreni di questa figlia tanto esuberante, fosse dettata dal far piacere al Signore, o mossa segretamente dal bisogno genitoriale di salvaguardare e proteggere la mia vita , visti i sentimenti anti-borbonici e rivoluzionari che più volte manifestai apertamente.
Cosi come non ho mai nascosto in famiglia la mia avversione verso chi pratica la violenza e l’ingiustizia.
Forse il mio nobile padre, dotato di impareggiabile mansuetudine, non credeva di farmi un simile torto. Ma imprigionandomi, per fede o cautela, tra queste mura, testimoni in passato, delle sofferenze di altre donne della mia famiglia mi ha condannata a un destino tanto crudele quanto impietoso. Un oscuro destino che in nulla si riconosce nella luminosità della vera fede.
Parlo di sofferenza, mia nobile amica; all’interno di questo monastero tutto ho visto, tranne la carità e lo spirito religioso. Niente qui parla di nostro Signore e della sua divina bontà.
Ogni situazione che ho scoperto, vissuto, indagato, esula dal messaggio di Gesù Cristo. Il mondo deve sapere. I credenti tutti. E le stesse famiglie delle povere martiri presunte di condurre la loro esistenza nell’anticamera del paradiso sulla terra, hanno il diritto di conoscere la verità.
Avrei più "d'un mondo" di ragioni per giustificare il mio silenzio …
L’impatto che potrebbe avere sulla mia famiglia, le conseguenze che lo scandalo potrebbe arrecare … Mio padre sarebbe travolto dalle azioni di una figlia già anti borbonica che osa sfidare anche la Chiesa cattolica e il suo mondo. Mia madre, seppur risoluta, cadrebbe nel grande sconforto sapendo sua figlia tacciata di eresia. Ecco, solo questo pensiero sarebbe sufficiente a farmi desistere. Ma io non sono i miei genitori.
Basta con i segreti, basta con i silenzi e le menzogne. E’ la coscienza ad impormi ciò che sto per fare. E la dignità, di donna e di essere umano.
Nobilissima principessa Cristina, lei è conosciuta in tutta Italia per i suoi ideali di giustizia e libertà. Per questo, da donna onorata a donna onorata, le anticipo che presto renderò pubblico un manoscritto dove ho annotato dettagliatamente, tutti i soprusi , le violenze, le crudeltà che subiscono le donne in quanto suore, in questo convento.
Il voto di ubbidienza al Signore è una trappola letale che autorizza parroci e alti prelati ad abusare di quel corpo che al contrario, dovrebbe mantenere la purezza fatta in dono a Dio come dote matrimoniale.
Ho visto le consorelle tremare di terrore: i loro volti segnati da rossori incomprensibili, le guance scavate dalle lacrime. Ho udito urla e pianti di donne e di infanti dati alla luce tra queste mura. E poi scomparsi misteriosamente.
Ma cominciamo dall’inizio.
Ero giunta in convento da pochi mesi, quando durante la confessione del sabato mi accorsi che la cordialità del sacerdote stava assumendo connotati poco caritatevoli. In particolare le domande che mi poneva poco si adattavano al consueto confronto con le proprie mancanze, assumendo a tratti connotazioni alquanto disdicevoli e imbarazzanti.
Mi chiedeva sempre più e insistentemente, se durante la vita secolare avessi conosciuto o desiderato carnalmente un uomo e, in tal caso, se tra le mura del convento conservassi i segretamente i più intimi ricordi, se li rievocassi, durante la notte, nel buio della mia celletta. Incalzava nonostante il mio aperto disagio, servendosi dell’alibi della confessione a Dio, di cui egli era il rappresentante, esigendo il racconto di ogni singolo “torbido pensiero”, di ogni dettaglio in maniera particolareggiata, nella più disarmante sincerità, perché mentire al sacerdote equivaleva mentire a Dio.
Ben presto , il rappresentante del Signore divenne il corpo di Dio.
Vista la mia ritrosità a rispondere come egli chiedeva, con toni viscidi e languidi, stabilì che la confessione avrebbe avuto luogo in presenza, il sabato successivo, nello spazio adiacente alla sacrestia, dove, a parer suo, avrebbe avuto facoltà di scrutare i miei occhi, imperscrutabili dal confessionale.
Trovai del tutto anomala e innaturale quella richiesta ma dal momento che ero solamente una novizia, probabilmente ero ignara, pensai, di molte realtà della vita monastica.
Del tutto ingenuamente quindi , chiesi delucidazioni alla madre superiora circa questa attitudine alla confessione in un luogo appartato. In quanto discendente diretta del principe di Forino, il mio nobile nonno, avevo il privilegio di averla come tutrice.
La madre si bloccò. Trasse un profondo respiro e volgendo lo sguardo altrove , sentenziò: “Siamo tenute all’obbedienza. A Dio e agli uomini.”
Avevo ragione: ero ignara della realtà all’interno del convento. E la risposta della superiora mi lasciò intendere quel quid che presto avrei scoperto di persona.
Trascorsi la settimana ad implorare sinceramente Dio di aver frainteso le intenzioni del sacerdote e le parole della superiora; a cercare in parallelo una soluzione se il presentimento si fosse rivelata fondato.
Anni indietro, appena quattordicenne, in preda alla prima delusione amorosa la mia fantessa, mi istruì sulle insidie che gli uomini posso trarre alle giovani donne: “Maritati e non, sovrani o prelati, sempre uomini sono.”
Fu proprio ripensando alle sue parole che mi venne l’ispirazione. Così mi finsi malata e fortemente contagiosa per essere dispensata dagli obblighi e dagli impegni quotidiani.
Mi pregio di appartenere ad una potente casata: ai Caracciolo nulla si può negare, anche se indossano una tonaca.
Lo ottenni dunque.
E nel silenzio della mia cella cominciai a mettere insieme pezzi di me che appartenevano alla mia vita secolare e a comporne nuovi, incredibili e inattesi.
Mi scoprii caparbiamente determinata a aprire il vaso di Pandora in cui ero precipitata, con la ferma intenzione di non esserne risucchiata.
Cominciai a ascoltare i sussurri tra le mura, poi gradualmente a chiedere alle consorelle. Se coglievo resistenza alle mie domande, comprendevo che c’erano segreti da svelare. Cosi, come un segugio , seguii le mie piste. Mi accorsi dunque che le confessioni, nella penombra della sacrestia erano un fatto abituale, con cadenza settimanale, riservate vicendevolmente sia alle novizie quanto alle suore più giovani. La mia ulteriore sorpresa fu scoprire che oltre al consueto sacerdote, a volte alle confessioni partecipavano più consorelle e prelati.
Le espressioni che coglievo sui loro volti durante la cena erano tutt’altro che serafiche.
Perciò una sera, decisi che era giunto il momento di sapere, quindi mi intrufolai nella sagrestia, avendo cura di nascondermi dentro un ampio armadio su cui avevo praticato in precedenza utili fori assicurando la giusta visuale. L’ acustica era a dir poco perfetta.
Giunse dunque il padre confessore preceduto da una giovane novizia di circa diciotto anni.
Gentile principessa, rabbrividisco nel ricordare come quella lurida voce ordinò soavemente alla giovane di togliersi il sacro vestito, intimandole di tacere e obbedire al suo volere mentre le sue mani percorrevano e frugavano il suo corpo fino ad abusare della sua purezza. Si, intendo proprio quello: la violò crudelmente mentre io assistevo, paralizzata, dal mio nascondiglio. Non ho potuto fare niente per salvarla in quel momento. Perché, l’ho promesso in cuor mio, io le darò giustizia. Le risparmio la descrizione di ciò che ho visto, tutto l’orrore, l’urlo soffocato in gola, i tremori che scuotevano il mio corpo, mentre si faceva largo nella mia coscienza la certezza che a quella sorte mi ero sottratta grazie a una chiara sensazione di paura che avevo avuto la prontezza di ascoltare. Per questo ringrazio Dio.
Quel mostro concluse la sua atrocità ammonendo la giovane dal rivelare i “contenuti” della confessione per non insinuare nelle amabili consorelle il germe dell’invidia, dal momento che Dio si era fatto carne e aveva scelto di servirsi del suo umile servo per unirsi a lei.
Mi chiedo ancora come sono sopravvissuta a tutto questo.
Segretamente, contattai il mio nobile padre e la mia nobile madre per incontrarli fuori dalle mura del convento.
Quando li informai dell’accaduto, ero pronta ad essere respinta dalla comprensione e dall’abbraccio protettivo. Li mettevo solo al corrente che di li a breve avrei fatto la scelta di una donna consapevole e lasciato il convento.
Incredibilmente, vidi la rabbia salire nel volto di mia madre per le sofferenze che avevo visto e patito, mentre mio padre, dopo essere impallidito mi strinse forte la mano. Poi sussurrò: Figlia mia, il volere del Signore è imperscrutabile. Ma qui io vedo la Sua santa Mano: ti ha chiamato a sé affinchè tu denunciassi queste atrocità. Il mondo deve sapere.
Scrivi tutto ciò che hai visto, continua a fingerti malata. Ogni giorno ti manderò un mio fedelissimo con il compito di sincerarsi che tu sia in buono stato e in buona salute. Non esitare ad informarmi se ti senti in pericolo. Usa uno stratagemma, una parola in codice per informare il mio uomo che sarà sempre qui fuori, pronto a portarti via da qui. Quando il tuo manoscritto sarà pronto, ti metterò in contatto con una persona,a Firenze, dove potremmo pubblicare la verità che hai scoperto.
Nobilissima principessa, il tempo è giunto.
Sono uscita dal convento e ho anche ricevuto una scomunica dalle autorità religiose. Voglia il suo cuore di donna accogliere le parole di chi, come lei, ha conosciuto le ingiustizie e le ha trasformate in risorse.
Come Voi, sono pronta a tutto.
Napoli, 21 luglio 1864
Enrichetta Caracciolo dei principi di Forino.
N.d.A.
Il testo è liberamente ispirato al libro Misteri del chiostro napoletano, memorie di Enrichetta Caracciolo.
Ad oggi, la scrivente non è in possesso di informazioni circa la conoscenza tra Enrichetta e Cristina Trivulzio, principessa di Belgiojoso, donna di straordinaria intraprendenza e fervente sostenitrice, come la Caracciolo, dei diritti delle donne.
A loro va la mia profonda ammirazione in quanto precorritrici di battaglie di grande attualità.
Grazie a loro, celebro tutte le donne, che ogni giorno portano a termine le loro personali battaglie, per poi coricarsi, in attesa del domani.
Dedico questo scritto alla giovane novizia, nata dalla mia fantasia. Da qualche parte nella storia, so che ha avuto un nome e un triste vicenda simile a quella raccontata. A te dico, giovane vittima, nessuno tocchi una donna. Never again!