Ortensia e Manilia, principesse del Foro romano
“Perché mai le donne dovrebbero pagare le tasse, visto che sono escluse dal potere e dalla vita pubblica?” . Ortensia
Girando nel web mi sono imbattuta per caso nella storia di Ortensia, giovane figlia di un avvocato romano, rivale di Cicerone, che la educò come la tradizione richiedeva per i figli maschi, insegnandole perfino l’arte forense. Ortensia dunque conosceva le leggi e possedeva delle grandi capacità oratorie note a molti: fu per questo che le matrone romane le chiesero di rappresentarle in tribunale per una controversia giuridica in merito ad una tassazione loro imposta. Di fronte ai giudici dimostrò di possedere un talento straordinario nello strutturare l’oratoria in argomenti tecnicamente fondati e persuasivi tanto da essere accolti dai tribuni. Un evento giudiziario con protagonista una donna che riusciva a far riconoscere le ragioni di altre donne davanti ad un tribunale maschile era una cosa mai avvenuta prima. Infatti il governo romano si affrettò a vietare alle donne di parlare “pro aliis“, cioè in difesa di altri (e, dunque, di fare l’avvocato ed il politico).
Ortensia fu la prima principessa del Foro a perorare una causa non sua. Altre donne romane si erano infatti presentate in tribunale per difendere i propri diritti da sole di fronte ai tribuni e contrapponendosi con la loro voce agli accusatori.
Donne che avevano detto no al dovere del silenzio, al dover vivere dietro un uomo che le rappresentasse e le tutelasse. Donne che avevano capito il loro valore e il loro diritto a difendersi. Donne che rifiutavano la gabbia della sottomissione. Donne che possedevano un dono straordinario, ovvero la capacità di dare ordine ai loro pensieri trasformandoli in un discorso logico e tecnicamente inoppugnabile.
Queste illustri sconosciute colleghe vissero in epoche precedenti ma tutte, alla pari di Ortensia, possedevano lo stesso potenziale oratorio e retorico.
Parliamo di Gaia Afrania e Mesia Lucrezia, donne tanto abili nella retorica da essere temute e demonizzate, e di Manilia, la cui storia è riportata nelle Notti Attiche di Aulo Gellio; Manilia nel II sec. a.C. venne portata in tribunale dall’ edile curule Ostilio Mancino che la accusava di averlo ferito a sassate. Manilia era un prostituta e si presentò in Senato senza avvocato e volle difendersi da sola; parlò davanti al Tribunale e riuscì a dimostrare che Ostilio Mancino, al tempo edile curule, si era presentato a casa sua , dopo una serata goliardica di eccessi e bevute, bussando insistentemente alla porta imprecando e molestandola verbalmente. Poiché lei non apriva, l’uomo in preda ai fumi dell’alcol, cercò di abbattere la porta, al che Manilia dalla finestra gli lanciò un sasso per farlo desistere e lo colpì alla testa ferendolo; la donna si appellò ai tribuni della plebe, dicendo di aver cacciato dalla sua porta solo un uomo violento e ubriaco. Il tribunale riconobbe valide le sue ragioni e respingendo ogni accusa da parte dell’edile, lo sentenziò di comportamento indecoroso. La Ius romana era davvero super partes!
Questi spiriti indomiti avevano fatto appello alla loro forza interiore per necessità, del tutto ignare di aver attinto al potenziale umano che possedevano. L’incredibile capacità di superare quelli che sono ritenuti essere i limiti personali e che per definizione ha la possibilità di realizzarsi perché sussiste la “potenza”. Ortensia, Gaia, Mesia e Manilia avevano avuto fiducia in loro stesse perché mosse dal desiderio di giustizia. Un grande perché, una motivazione forte che le aveva indotte a superare i propri confini fisici, culturali, societari e ad andare oltre la paura, l’insicurezza, la solitudine perfino a discapito della loro personale incolumità. Si, perché a Roma tacere divenne un dovere per le donne.
La parola è capace di indirizzare gli animi e di agire come una magia su chi la ascolta.
Esprimersi in modo chiaro e persuasivo e argomentare i propri ragionamenti in maniera lineare e adeguata determina il successo nella vita personale, sociale, professionale e politica.
“La parola è un gran dominatore, che con piccolissimo corpo e invisibilissimo, divinissime cose sa compiere; riesce infatti sia a calmare la paura, sia ad eliminare il dolore, sia a suscitare gioia, sia ad aumentare la pietà.”
(Encomio di Elena, Gorgia)