Enrichetta Caracciolo e la forza della verità (1821-1901)
“… Chi mi avrebbe detto quella sera che avrei detestato e Ferdinando, e Francesco suo figlio, e tutti coloro che portano il nome Borbonico!”
Senza dubbio ci si aspettava obbedienza da Enrichetta Caracciolo dei principi di Forino quando fu inviata in convento per prendere i voti. Aveva diciannove anni.
Ma una mente sagace, profondamente libera e acuta come la sua non poteva essere piegata. Enrichetta era l’aria, era lo spirito fiero e indomito, impossibile da imprigionare.
Entrava in convento contro la sua volontà, portando con sé accesi sentimenti anti borbonici e una spiccata capacità di discernimento e di osservazione tali da cogliere ogni ingiustizia e ogni mancanza.
“Se Ferdinando II avesse saputo condurre il suo governo e trattare il popolo a lui soggetto coll’amabilità cavalleresca che mostrò nelle figurazioni della quadriglia, chi sa per quanto tempo ancora l’Italia avrebbe aspettato il compimento de’ suoi voti!”
L’obbedienza di Enrichetta avrebbe dovuto esprimersi in sordità, cecità, omertà, sopportazione, schiavitù.
Nessuno immaginava invece che quella fanciulla, seppur animata da fede religiosa, avrebbe denunciato la dura e agghiacciante verità, nascosta e segretata da secoli nell’invisibile e inaccessibile mondo dei monasteri e dei conventi.
Lei amava lo studio, a dispetto delle altre suore e acquistava apertamente i giornali dell’opposizione, guadagnandosi fama di rivoluzionaria.
E dall’interno del convento di San Gregorio Armeno a Napoli, Enrichetta descrisse, come in un reportage giornalistico, una realtà cruda fatta di soprusi, di violenze, di crudeltà che con la vita religiosa non avevano attinenza. Enrichetta aprì il vaso di Pandora.
Lo fece trascrivendo tutto in un libro, Misteri del chiostro napoletano, che le costarono la scomunica da parte delle autorità religiose.
Un libro che divenne da subito un best seller, il quale fu tradotto in varie lingue e che tutt’oggi continua la sua ristampa.
Giornalista, scrittrice, rivoluzionaria e patriota, Enrichetta fu promotrice della emancipazione femminile partendo dalla sua città, Napoli.
Un delitto impunito: fatto storico del 1838 fu l’ulteriore scritto- denuncia che raccontava dell'assassinio di un'educanda commesso da un sacerdote respinto e, inoltre, sempre nello stesso anno, in occasione della terza guerra d'indipendenza, pubblicò a Napoli Proclama alle Donne Italiane in cui spronava le donne a sostenere la causa nazionale.
E adesso mi fermo a pensare o solo ad immaginare quale forza spingesse la giovane Enrichetta, quali sentimenti in grado di indurla a contrapporsi a tre pilastri assoluti dell’epoca: il re, la chiesa e la famiglia.
Un epoca in cui il semplice sospetto di illegalità o ribellione contro gli stessi era utile per essere imprigionati o condannati.
Ma la fiamma della verità che illumina e guida nella notte sa rendere l’uomo e la donna liberi.
La verità è giustizia verso se stessi e verso il mondo intero.
Ed è una spina nel fianco per chi non è pronto ad ascoltarla o per chi fa di tutto per nasconderla.
In questo caso la verità è la minaccia da cui difendersi, il pericolo da evitare ad ogni costo. Perciò va tenuta nascosta e tutt’intorno viene costruita una rete intrisa di menzogne e inganni, sorvegliata da guardie armate fino ai denti disposte a usare violenza verso chiunque osi avvicinarsi.
Il tempo passa e questo sistema diventa un’egregora : si autoalimenta e si tutela grazie alla paura che esercita sul mondo esterno, che, dal canto suo lo accetta tacitamente, non osando minimamente violarlo per timore di rappresaglie. E’ simile ad un pitone che stritola con le sue spire, la cui morsa fa leva sul senso di colpa, sulla vergogna, sul senso di impotenza e inadeguatezza.
Ma prima di tutto fa leva su un istinto primordiale dell’essere umano: quello che si esprime con l’appartenenza a un gruppo e il riconoscimento da esso. E’ la sopravvivenza.
E da soli, esclusi, abbandonati, rifiutati dal proprio gruppo non si sopravvive.
Finchè non arriva Enrichetta a smantellarlo. Una fanciulla Davide che sfida e denuncia il colosso Golia.
La verità è sconvolgente: squarcia le nubi del torbido segreto e la società la accoglie perché i tempi sono maturi.
Quando arriva il momento giusto la verità sanifica. Consente di uscire da una situazione di stallo e fare un salto di qualità.
Enrichetta è la portavoce di chiunque voglia mettersi in gioco per conoscersi e affrontare i secoli bui del proprio inconscio, il medioevo della propria vita.
La sua determinazione invita ad aprire con coraggio le porte del vissuto, della personalità, del carattere, riconoscendo quali forme pensiero, quali comportamenti e quante resistenze possono limitare e invalidare le performances e il raggiungimento dei propri obiettivi.
Aprirsi alla propria verità con umiltà senza mentire e mentirsi, evita che l’inconscio se ne accorga e si senta tradito. E’ come un bambino di tre anni che sperimenta il non essere amato.
La verità per cambiare, per trasformare, per evolvere in un nuovo inizio.