“ La realtà esiste nella mente umana e non altrove” George Orwell
Con il sopraggiungere dell’autunno la natura modifica l’ambiente. Gli alberi ingialliscono le foglie, il vento diventa sempre più freddo e le giornate si accorciano.
Personalmente, aprendo l’armadio, non so proprio cosa indossare. Il cotone è troppo leggero, la lana è ancora un azzardo. Ho già dimenticato le calde giornate estive e a tratti stento a credere che ci siano state davvero.
Le stagioni si susseguono, in un moto continuo. Accade sempre, anno dopo anno ed io, nonostante l’incredulità del presente, ne sono testimone.
Eppure qualcosa mi spinge a dubitare della possibilità di indossare di nuovo abiti leggeri e senza maniche, perché quelle temperature sono lontane da ciò che percepisce il mio corpo. Io ho freddo. Questa è la verità. Ed è reale solo ciò che io sento.
Oggi parliamo dunque di percezione.
Dal web trovo la definizione: L'atto del percepire, cioè del prendere coscienza di una realtà che si considera esterna, attraverso stimoli sensoriali, analizzati e interpretati mediante processi intuitivi, psichici, intellettivi.
Dunque la percezione è una presa di coscienza della realtà esterna vissuta attraverso la propria esperienza stimolata dai sensi.
Vado con un esempio. Quando si vede un film insieme e poi si commenta, avete visto come le opinioni sono diverse se non addirittura contrastanti? Eppure i presenti hanno assistito alla stessa proiezione, dall’inizio alla fine.
Che cosa crea questa differenza? La percezione che ciascuno ha di ciò che osserva, fondata sulle personali emozioni, cultura, educazione, trascorsi di vita.
Infatti, in ogni esperienza vissuta tutti noi siamo portati a creare parallelismi con i nostri precedenti attraverso confronti e paragoni che si esprimono con “mi è già successo,… conosco questa situazione … so già come va a finire …”. Gli eventi che viviamo nel presente, in base ad una similitudine, sono ricondotti e visti alla luce del passato. Per chi li vive, è tornare indietro nel tempo e prepararsi a vivere, con desolazione, il ripetersi fedele di un ciclo.
L’ho fatto anche io. E senza realizzare che io, prima di ogni altra cosa, stavo preparando me stessa, il mio corpo, la mia mente, i miei pensieri a attuare un meccanismo di attacco e difesa. Stavo cioè ricreando con il mio atteggiamento il contesto.
Ma era davvero la stessa reale situazione?
In verità, è la percezione di ciò che osservavo che mi portava alla conclusione di conoscere già gli esiti, senza darmi il permesso di vivere pienamente le nuove esperienze, scegliendo a mente aperta di agire in virtù del momento e non sulla base di comportamenti messi in atto in una condizione diversa.
Quando si ha una percezione di ciclicità, si guarda il tutto dal “buco della serratura” concentrando l’energia in un unico particolare, il solo dettaglio percepito e da li sviluppare il seguito nell’attesa dell’inevitabile, già stabilito in partenza.
Quante esperienze, nella loro totalità e novità, ho perso! Quanta energia ho sprecato per cercare solamente quello che credevo essere la verità in virtù del mio sapere.
Tutto parte da noi e dalla percezione che abbiamo di noi stessi: questo sentire affonda le radici in vari ambiti, personali e ambientali che mutano nel tempo.
Nella mia professione ho sempre a che fare con le credenze nate da questi fattori e il mio compito consiste nel farle emergere per poi consentire al cliente di dare inizio ad una nuova percezione di sé.
La mia coachee con Sofia ha fornito lo spunto per questo articolo.
Le mie sessioni, pur avendo un programma ben preciso, sono personalizzate in base alle esigenze del cliente. Ho tuttavia particolarmente a cuore le tappe della consapevolezza e dell’autostima, perché l’equilibrio personale è la conseguenza della fiducia e della considerazione che si nutre nei propri confronti.
E’ nelle relazioni interpersonali che in assenza di equilibrio, si vacilla di più.
Sofia ha conosciuto un uomo che la corteggia dal quale si sente particolarmente attratta. Il crescendo emozionale delle schermaglie amorose in parte la esaltano, in egual misura la mettono in seria difficoltà.
Da un lato c’è il filtro mentale della più giovane età del ragazzo, dall’altra il timore che lui possa illuderla, divertirsi con lei per poi scomparire nel nulla.
Nel raccontare questa straordinaria esperienza, Sofia esterna anche tutte le percezioni che ha sviluppato in base al suo vissuto personale e sociale: la tradizione giudica ferocemente la donna che sceglie un compagno più giovane; allo stesso tempo la percezione che ha di sé le fa affermare con assoluta certezza, secondo uno schema filtrato di esperienze vissute, che sarà messa da parte non appena l’intimità sarà completa. Una profezia auto- avverante.
Mentre l’ascolto, colgo il conflitto interiore che la tormenta e la spacca in due: un logorio interiore che ha radici profonde nel suo inconscio.
Perciò le chiedo:
“Cosa accadrebbe se fossi tu, consapevolmente, a mettere in essere quello che prospetti faccia lui?”
A volte basta una sola domanda potente per far cambiare rotta. E’ il mio lavoro, io ascolto, osservo, domando.
Infatti Sofia, presa alla sprovvista, si ferma a pensare. A considerare che dopotutto, anche lei ha questa opportunità di azione. Per la prima volta ha l’occasione di diventare soggetto agente.
Le sue pupille si dilatano, la risposta arriva come una rivelazione.
“Mi sentirei forte”.
E mentre lo afferma la forza che è in lei si sprigiona. Finalmente la sente. E io la vedo.
Ha cambiato la sua rotta. E creato una nuova coscienza di sé.
Siamo in viaggio. Per Sofia, questa è un nuovo inizio, destinazione realizzazione.
Dedico questo articolo a Sofia e a tutti coloro che hanno il coraggio di costruire una nuova visione del loro mondo.
A volte basta rispondere ad una domanda.